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| « indietro WALT WHITMAN,Foglie d’erba, a cura econ un saggio introduttivodi Mario Corona, Milano,Mondadori, I Meridiani 2017,pp. CLXXXVI+1658, € 80,00.mondadoriani ospitano una nuova edizioneintegrale italiana di Leaves of Grass,basata sull’ultima edizione autorizzata daWalt Whitman, che com’è noto non cessòmai di accrescere la prima edizione uscitanel 1855, quando aveva 36 anni. Questaè la terza traduzione integrale dell’operamassima di un poeta «grande, che contienemoltitudini». E moltitudini di versi. Ladimensione del volume, che a differenzadella precedente versione integrale einaudianadi Enzo Giachino (1950), riproduceanche il testo inglese, è tale da incuteresoggezione. E l’apparato non è dameno, visto che a 186 pagine ‘romane’di Introduzione (I-CVII) e Cronologia (CIXCLXXXXVI)si affianca un Commento di238 pagine. Dunque abbiamo a che fareforse col più esteso libro su Whitman chel’Italia abbia prodotto, per quanto egli silegga da noi fin da quando era in vita.Gli appassionati e i curiosi troverannoqui tutto lo scibile whitmaniano, la sua vitanarrata giorno per giorno, la sua famiglia,i suoi incontri con ammiratori americanie inglesi, i suoi confronti con Emerson eThoreau, i suoi amori o innamoramentiche mai lo condussero a una relazionestabile. Mario Corona, dati i tempi,è particolarmente attento al discorsoomosessuale nelle sue varie declinazioni.Whitman vedeva la democrazia americanacome basata anche su un nuovo idealeamore fra i ‘compagni’ (camarados),compagni di strada che però gioisconodi intimità fisica, dormono allacciati. Aisuoi tempi nessun recensore si accorseche questo poteva implicare l’«amore chenon osa dire il suo nome», ed Emersonsembra si preoccupasse soprattutto diquelli che gli sembravano eccessi di erotismoeterosessuale. Ma certi lettori inglesie militanti omosessuali come Wilde,Edward Carpenter e J.A. Symonds volleroriconoscere in Whitman il loro bardo equando Symonds gli scrisse chiedendoglidi dichiararsi apertamente ne ebbe unameritata risposta depistante: «Sebbenenon mi sia mai sposato ho avuto sei figli...Voglio sperare che su quelle pagine non sidica neppure una parola che indichi unapossibilità di deduzioni morbose... cherespingo e mi paiono condannevoli». Paradossidella sorte, questo diventa inveceproprio il leitmotiv dell’apparato del nuovoMeridiano.Il saggio introduttivo si intitola appuntoLa gallina furtiva e il gatto dalla coda troppolunga. Whitman dice spesso che vuolessere capito ma non capito mai del tutto,ci aspetta e ci sfugge. «Io da qualche partesto fermo ad aspettarti» è l’ultimo verso(il v. 1346!) di Song of Myself. Ma non ècosì sempre il testo poetico? Una poesiaspiegata è una poesia morta, diceva WallaceStevens. In ogni caso, l’apparato diCorona permette al lettore speleologo dicalarsi nella cultura dell’età di Whitmancon i suoi grandi eventi (la Guerra civile) egrandi libri, e anche di calarsi nella culturadel nostro tempo, che naturalmente creaun suo Whitman, aggiornato ma si sperasempre sfuggente e talvolta illeggibile.Randall Jarrell diceva che «come pochipoeti hanno scritto meglio di Whitman,pochi hanno scritto peggio». AncheCorona è severo con il Whitman fiaccoe ipertrofico della maturità, e consentecon il giudizio prevalente che l’operapiù significativa si arresta poco dopo laGuerra civile e si trova soprattutto nelleprime edizioni fino al 1860. Ciò non impediscea Corona di tradurre con grandeattenzione e sensibilità tutto il corpus, edi darci la possibilità di rileggerlo, mentrenelle note minuziose e discorsive non dirado cita traduzioni precedenti in italianoe altre lingue. Insomma questo Meridianoinstaura un lungo dialogo spesso affabilesu Whitman col lettore/lettrice... (Whitmanè uno dei primi a scrivere quasi sempre‘he or she’, cioè a non sussumere ilgenere femminile al ‘he’. Contro la linguasessista! E ad attribuire alle donne impulsisessuali che pare fossero tabù. «Stenditisulla schiena e pensa all’Inghilterra», suonavanole istruzioni prematrimoniali dellemamme vittoriane).La copiosità del materiale offertocipuò sì sconcertare. Non è il Whitmanmigliore in alcune pagine, alcuni versi?(Alcuni versi di Whitman era appunto il titolodi Jarrell.) «E basta un’occhiata dellagiumenta baia a farmi rinsavire». Siamoin Song of Myself, ultimo verso della sezione13: «And the look of the bay mareshames silliness out of me». Disperante(esaltante?) lavoro del traduttore. Letteralmente«to shame silliness out of me»significa «mi dà vergogna della (e liberadalla) mia stoltezza». Dato il contestoesagitato di Whitman, Corona ha sceltouna frase più generica. Whitman ammettedi essere pazzo e che il contatto con losguardo della cavalla lo corregge, lo purificadi tutte le stoltezze e i giochetti deirapporti umani inautentici. Silly, che bellaparola quando uno ha il coraggio di dirladi sé. Confrontiamo Giachino (1950): «Elo sguardo della giumenta baia mi fa vergognaredella mia stoltezza e l’espelle».Un po’ lungo, perché a differenza di Coronache si accontenta di una frase brevee vigorosa qui ogni implicazione viene esplicitata. Ma una delle funzioni dellatraduzione è rivelare l’originale tradendolo,cogliendone solo una parte. Ci invita aun’avventura testuale, e poetica.Ma si diceva dello sconcerto davantiall’ipertrofia delle Foglie whitmaniane(Leaves è un gioco di parole: ‘foglie’ maanche ‘fogli’!). In realtà questo Meridianocosì massiccio non deve trattenercidall’addentrarci in esso anche a caso, eallora troveremo versi che non conoscevamo,una scena di un arrotino circondatoda bambini (p. 892), un incitamento ameglio divenire noi stessi: «Va’, caro amico,se necessario rinuncia a tutto il restoe comincia oggi ad allenarti a coraggio,realtà, amor proprio, precisione, elevazione...».Forse qui siamo un po’ troppo nel dichiarativo,nelle frasi da scrivere sul calendario.Whitman è sempre didattico, comeforse tutta la letteratura americana, edè naturalmente molto religioso in sensonon confessionale. Usa proprio la parola‘religione’ come fatto centrale della suaopera. «Sappi che solo per lasciar caderenella terra i germi di una religione piùgrande / Gli inni seguenti, ciascuno di untipo, io canto. // Compagno mio! / T’invitoa condividere con me due grandezze, euna terza che più fulgida sorge e le altreassomma, / La grandezza dell’Amore edella Democrazia, e la grandezza dellaReligione. // Melange mio personale divisto e di non visto, / Oceano misteriosoove sboccano i rivi, / Spirito profetico dellabaluginante materia intorno a me cangiante...» (Partendo da Paumanok, pp.49-51). E’ quasi impossibile distinguereretorica da visione, ed è giusto che siacosì. Fra l’altro in questo Meridiano ognipoesia porta in calce la data di prima pubblicazionee revisione finale, il che subitopuò permetterci di scegliere il periodo chepreferiamo.Da tanto tempo leggiamo Whitman. Ilpasso che ho citato sopra si trova già inCanti scelti di W.W. tradotti da Luigi Gamberale(Milano, Sonzogno 1890), dovesuona così: «Sappi tu: solamente per farpiovere sulla terra i germi di una religionepiù grande, / Io canto questi canti, ciascunoper la parte sua, / – Mio camerata,/ A te sta il partecipare con me a duegrandezze, e ad una terza altresì, inclusain esse e più splendida, / Alla grandezzadell’Amore, della Democrazia e con essealla grandezza della Religione. / E’ miapropria questa unione del visibile e dell’invisibile,/ Questo oceano misterioso dovele correnti confluiscono...» (manca il versosuccessivo, forse non c’era nell’edizioneconsultata dall’ottimo Gamberale).Mentre la tradizione della traduzionecontinua a fluire, e continuerà, a noi peròè data la possibilità, l’invito whitmaniano,di appropriarci via via di nuove parti delcorpus sterminato lasciatoci dal buonWalt. Per esempio questa bellissima eprogrammatica Starting from Pauimanok(228 versi) non è fra le sue poesiepiù note a noi che a volte stentiamo giàad arrivare in fondo a Song of Myself esappiamo che le cose migliori sono nelleprime edizioni del 1855 e 1856. (Partendoda Paumanok – nome aborigeno di LongIsland dove appunto Walt nacque – è del1860.) Sicché i lettori italiani di poesia del2000 non sbaglieranno procurandosi lacompagnia avventurosa di questo Meridiano,magari dissentendo da certe sueaccentuazioni, ma essendo grati a MarioCorona di aver ‘parlato tanto’ (e bene) diWhitman e di darci una possibilità di riscoprirlo.Whitman insuperato poeta della corporeitàe del tatto, poeta visionario folle,ma anche una grande testa pensante.Si legga il tardo saggio di commiato Unosguardo retrospettivo alle strade percorse,che Corona come già Giachino traduce(con testo a fronte) in appendice. Colpisceil gran buon senso, la fermezza, lanobiltà di questo discorrere. La giumentabaia e la morte hanno ripulito Walt di ognisilliness. Ma se non fosse anche per lasilliness non sarebbe quel grande poetache è: «Questo profumo delle mie ascelleè aroma più fine della preghiera».(Massimo Bacigalupo)¬ top of page | |||||
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